La scelta di dare vita alla Coldiretti da parte di Paolo Bonomi è una delle intuizioni politiche, economiche e sociali che ha segnato la ripresa del nostro paese e ne ha caratterizzato indelebilmente lo sviluppo. E’ quanto affermato dal presidente della Coldiretti, Sergio Marini, in occasione dell’assemblea nazionale organizzata a Roma, nel celebrare il centesimo anniversario della nascita del fondatore della Federazione nazionale coltivatori diretti, che cade in concomitanza con i festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Bonomi – ha sottolineato Marini – ha forse avuto un po’ di quella follia e di quell’intraprendenza del cristiano che si lancia in imprese impossibili, ma che poi raggiunge inaspettatamente traguardi eccezionali. La Coldiretti è ora una grande forza sociale e si confronta con problemi nuovi, ma – ha continuato Marini – ricorda costantemente l’esempio di Bonomi e continua a mantenere la “schiena diritta e lo sguardo in avanti” grazie al quale l’agricoltura italiana è diventata leader a livello internazionale con primati sul piano qualitativo, ambientale e sanitario. Oggi abbiamo di fronte una nuova sfida – concluso Marini -. Siamo impegnati a combattere contro i nuovi poteri forti che sottopagano i nostri prodotti agricoli rubando l’identità e l’immagine della nostra agricoltura. E’ una sfida grande e affascinante che stiamo affrontando con un rapporto più stretto tra agricoltori e consumatori, con l’obiettivo di ridare all’agricoltura italiana centralità e protagonismo. La tenacia e la lungimiranza di Paolo Bonomi in questa nuova, intensa stagione rimangono per noi solidi punti di riferimento.
Un percorso iniziato nell’ ottobre del 1944, quando Bonomi dà vita alla Federazione nazionale coltivatori diretti. L’obiettivo è offrire ai piccoli e medi imprenditori agricoli, stretti tra il bracciantato e un latifondo improduttivo, uno strumento di rappresentanza destinato a non conoscere declino, creando una forza sociale collocata all’interno della dottrina sociale della chiesa e caratterizzata dai principi sociali del solidarismo. Questa forza – sottolinea la Coldiretti – sarà capace di farsi carico del compito di assicurare il pane agli italiani in un Paese devastato con oltre 700 mila ettari di seminativi danneggiati dal conflitto, la produzione agricola ridotta di oltre il 40% rispetto al 1938 e una conseguente enorme difficoltà di approvvigionamento.
Il 13,14 e 15 novembre del 1946 Coldiretti tiene il suo primo Congresso Nazionale. Parte da lì una fase alta della rappresentanza che vede via la definitiva approvazione della riforma agraria, la nascita dei Movimenti giovanile e femminile, la conquista della pensione di invalidità e vecchiaia e l’assistenza per la malattia. Molte altre seguiranno in un processo al termine del quale la ‘gente dei campi’, come la definì Papa Giovanni XXIII, troverà la dignità e la consapevolezza di essere cittadini al pari di tutti gli altri, dentro la dimensione dell’impegno civile, della partecipazione e quindi dell’emancipazione sociale.
Ma negli anni, oltre a far crescere una classe imprenditoriale che ha reso l’agricoltura italiana la migliore del mondo, Coldiretti ha anche sostenuto i principi della democrazia in un’Europa dilaniata dalle insurrezioni in Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia, anche attraverso azioni di solidarietà internazionale, come nel caso del sostegno a Solidarnosc.
Aldo Moro lo sottolineerà con la consueta straordinaria lucidità: “La vita democratica del nostro paese sarebbe stata drammaticamente diversa ai fini della difesa delle istituzioni e dell’affermazione della libertà in Italia se i coltivatori diretti non avessero garantito il loro apporto insostituibile dei loro voti e del loro consenso”.