Sono oltre 7 milioni le persone che in Italia risiedono in territori a rischio idrogeologico per alluvioni (6 milioni) o frane (1 milione) che interessano ben il 91% dei comuni italiani. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti che esprimere cordoglio per le vittime della tragedia di Casteldaccia, sulla base dei dati Ispra. In Sicilia dove per l’ultima ondata di maltempo la situazione è gravissima si trovano aree a rischio nel 92,3% dei comuni ma la percentuale – sottolinea la Coldiretti – sale al 100% per regioni come Valle D’Aosta, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Molise, Basilicata e Calabria. Non è quindi un caso se l’Italia si colloca tra i dieci Paesi più colpiti al mondo per alluvioni, siccità, tempeste, ondate di calore e terremoti che hanno provocato perdite per 48,8 miliardi di euro negli ultimi 20 anni secondo una analisi della Coldiretti su dati UNISDR, l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di disastri naturali. A questa situazione – precisa la Coldiretti – non è certo estraneo il fatto che l’ultima generazione è stata responsabile della perdita in Italia di oltre ¼ della terra coltivata (-28% in 25 anni) per colpa della cementificazione e dell’abbandono provocati da un modello di sviluppo sbagliato che ha ridotto la superficie agricola utilizzabile in Italia ad appena 12,8 milioni di ettari. La disponibilità di terra coltivata significa produzione agricola di qualità ma anche sicurezza ambientale per i cittadini nei confronti del degrado e del rischio idrogeologico. Su un territorio meno ricco e più fragile per l’abbandono forzato dell’attività agricola in molte aree interne si abbattono – continua la Coldiretti – i cambiamenti climatici che si manifestano con la più elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi e intense e il rapido passaggio dal sole al maltempo, con l’eccezionalità degli eventi atmosferici è ormai diventata la norma. Per proteggere la terra e i cittadini che vi vivono, l’Italia – conclude la Coldiretti – deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell’attività agricola.
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