L’ANSES francese, il BfR Tedesco, la NFA svedese e la DTU danese: in una lettere comune indirizzata ad EFSA hanno chiesto una rivalutazione sulla sicurezza alimentare dell’acrilammide, composto tossico –sia cancerogeno che genotossico- che si forma in tutto un insieme di alimenti, dal caffè al pane, ai biscotti, alle patatine -come sottoprodotto dei prodotti portati ad alte temperature. I rischi? In base a valutazioni sulla sicurezza cosiddetta a lungo termine- un anno di consumo alle dosi abitualmente presenti nella esposizione alimentare dei cittadini europei- causano danni nelle cellule. Il problema è quindi non solo cancro, ma anche alterazioni del DNA nella progenie. Vari studi si sono occupati di descrivere il legame tra acrilamide e tipi di cancro, come cancro renale, all’endometrio, alle ovaia. Ma da un punto di vista strettamente regolatorio si è oggi in una condizione di stallo: né gli Stati Membri né la Commissione Europea sono passati all’ azione per regolare meglio la presenza della sostanza. Da qui la richiesta delle 4 agenzie.
L’acrilammide, scoperto solo nel 2002 dalla agenzia svedese, era stato valutato nel 2005 da EFSA, che lo aveva riconosciuto tossico sulle cellule negli animali da laboratorio e aveva chiesto nuovi studi ed una rivalutazione della sua sicurezza in presenza di nuovi dati. Dopo un incontro del 2008, EFSA aveva affermato che l’anno successivo sarebbero stati presentati nuovi dati in grado di ridurre l’incertezza scientifica, e che in ogni caso non era necessario rivedere il parere del 2005. Ma nessuna ulteriore valutazione è stata fatta. Nel frattempo, l’industria alimentare europea ha emanato proprie linee guida per cercare di ridurre la presenza della sostanza nei prodotti. Che però sembrano richiedere un processo molto costoso e per un abbattimento tutto sommato limitato dell’acrilammide. Tuttavia possono essere usate in modo empirico anche da piccoli produttori (PMI) e da utenti domestici alle prese con la cottura (l’acrilammide si forma principalmente infatti a partire dagli zuccheri, in reazione con l’aminoacido asparagina, nella cottura).
Intanto nel 2011 uno studio americano (Us Toxicological Program NTP) ha confermato nei topi e ratti la cancerogenicità dell’acrilammide, la cui presenza- in base ai più recenti dati EFSA sull’esposizione della popolazione europea- è rimasta stabile dal 2007 al 2010. In base alla modalità di valutazione tossicologica correntemente adottata, e basata sui “margini di esposizione” (MoE), l’acrilammide dovrebbe essere considerato uno dei maggiori contaminanti chimici del cibo”. Il MoE si applica in caso di sostanze genotossiche e cancerogene (a) e non intenzionalmente aggiunte al prodotto alimentare (b), ma che possono essere presenti per contaminazione accidentale o ambientale. Il MoE valuta come cambiamenti nella presenza della sostanza ingerita possano dare origine ad effetti avversi anche piccoli sulla salute. Il MoE standardizza e rende comparabile l’attività cancerogena di sostanze diverse, con valori tossicologici differenti ed introiti differenti. Un valore oltre i 10.000 non è considerato di rischio immediato per la salute pubblica (non è una priorità per i risk managers, sebbene valga il discorso che non vi è un livello in assoluto accettabile di rischio in quanto tale).
Il comitato del Codex Alimentarius deputato, il JEFCA (Joint Expert Committee on Food Additives and Contaminants) ha stabilito un MoE tra 78- 310, giudicando la sostanza sia cancerogena che genotossica (2010). Tale valore è molto basso (quindi, il rischio è alto).
Il mese prossimo il Panel di EFSA sui Contaminanti dovrà quindi necessariamente prendere in considerazione tale novità. I rischi maggiori potrebbero essere per i bambini. In base ai dati sull’esposizione alimentare, il 7% dell’acrilamide è assunto da patatine fritte, il 15% dal pane tostato
Alcune norme semplici per ridurre la presenza di acrilammide nei cibi:
– evitare cotture prolungate a temperature elevate ( non oltre 120° per forno, in particolare pane e patate); non fare scurire la superficie; mai superare in ogni caso i 175 gradi centigradi per la frittura.
– evitare tostatura e frittura laddove possibile, in particolare per cibi a basso contenuto di acqua; preferire metodi di cottura leggeri e al vapore. Bollire prima le patate e poi friggerle in modo da far ritenere loro più acqua.
– evitare di caramellare il cibo e di portare al cosiddetto “punto di fumo”.
– Nel caso delle patate fritte, note per essere una fonte importante di acrilammide, fare soffriggere brevemente e poi abbassare la temperatura.
– Fare attenzione ai bambini che in proporzione al peso corporeo ridotto assumono maggiore quantità di cibo e quindi di sostanze tossiche come l’acrilamide. Un 30% dell’acrilamide ingerito dai bambini viene da patate fritte, chips e simili; un ulteriore 30% da biscotti (14%), crackers (10%) e simili.
– Abituarsi a chiedere al ristorante o in pizzeria alimenti ad un grado intermedio di cottura (ad esempio, pizza, patatine…) senza bruciature evidenti.
EFSA: acrilammide
Relazione del Ministero della Salute sulla presenza di acrilammide (2010)