ARTICOLO | Archivio

Etichette ingannevoli in alcuni store di Roma: presentate due interrogazioni al Senato

10 Febbraio 2014
Etichette ingannevoli in alcuni store di Roma: presentate due interrogazioni al Senato

Due interrogazioni, rivolte ai Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali e della salute, sono state avanzate in Senato: oggetto, le etichette non conformi e informazioni ingannevoli per i consumatori.

La  vicenda

Alcuni articoli di stampa hanno riportato l’indagine effettuata nei mesi scorsi dal Codacons presso tre punti vendita di altrettante catene di supermercati di Roma. L’ispezione aveva portato alla luce l’esistenza di decine e decine di prodotti alimentari non conformi agli standard previsti dalla normativa in materia e potenzialmente in grado di trarre in inganno i consumatori. La vittima? L’italianità dei prodotti, con frodi che stanno diventando ricorrenti e che trovano spazio anche nella distribuzione moderna, come peraltro sottolineato dal Rapporto Agromafie Coldiretti-Eurispes già dal 2011.

                      

Nel primo punto vendita, a finire sotto l’attenzione del Codacons sono stati gli yogurt e i latticini contenuti nel banco frigo, dove numerosi cartelloni indurrebbero a pensare che i prodotti provengono tutti da aziende vicine a Roma o, al massimo situate all’interno della regione. Invece, secondo il rapporto-denuncia, il banco frigo contiene non solo yogurt e latticini, ma anche altri alimenti prodotti e confezionati nel Trentino o in altri luoghi distanti dal Lazio. Il Codacons aveva chiesto inoltre di fornire la documentazione probante le caratteristiche vantate sulle confezioni di due alimenti; una marca di latte e il pane biologico. In mancanza di risposta, ha provveduto a segnalare le irregolarità riscontrate all’azienda stessa e, per conoscenza, alla Asl di Viterbo. La prima non ha risposto, mentre la seconda ha comunicato di aver disposto – a seguito dei controlli- la sospensione della produzione, della registrazione regionale e la distruzione di alcune partite del suddetto latte. Successivamente, l’associazione ha contestato altri 30 prodotti presi a campione sugli scaffali dello stesso punto vendita ma l’azienda in questo caso ha promesso di modificare le etichette palesemente ingannevoli. Tutto finito? Non ancora. Dopo alcune settimane sotto i riflettori del Codacons finiscono ancora una volta altri 40 prodotti nei quali vengono rilevate gravissime difformità nella etichettatura. L’associazione a questo punto si è rivolta anche all’Autorità garante della concorrenza e del mercato e a quella per le Garanzie nelle comunicazioni, chiedendo controlli e la sospensione temporanea della vendita dei prodotti non conformi alla normativa.

                    

Non migliore la situazione rilevata nel secondo store della capitale. In questo punto vendita, secondo quanto riferito dal Codacons, sulle etichette del 60 per cento dei prodotti venduti come di elevata qualità presi a campione non venivano indicate le quantità e le percentuali contenute degli ingredienti caratterizzanti. Inoltre, le indicazioni laddove presenti non erano né chiare, né facilmente comprensibili per il consumatore medio. Anche in questo caso dopo la richiesta di chiarimenti da parte del Codacons l’azienda ha ammesso le irregolarità.

Infine al terzo punto vendita oggetto dell’indagine, è stata contestata l’etichettatura di una trentina di prodotti per presunti profili di ingannevolezza e frode. In quest’ultimo caso il Codacons, ha chiesto alle autorità di effettuare ispezioni sull’intera filiera di produzione, vendita e somministrazione degli alimenti e di verificare l’esistenza di eventuali sofisticazioni e frodi alimentari, sanzionando nel caso le imprese che hanno violato i principi di concorrenza e tutela del mercato. 

Le due interrogazioni

Attraverso le due interrogazioni i firmatari chiedono ai Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali e della salute se siano al corrente dei fatti esposti; se e quali azioni di controllo intendano promuovere per accertare la corrispondenza alla normativa in materia delle etichette apposte sui prodotti esposti in vendita presso i tre store oggetto del rapporto, nonché presso tutti i punti vendita alimentari; se e quali provvedimenti di competenza intendano adottare, più in generale, per tutelare il diritto di scelta e la salute dei consumatori, in considerazione del preoccupante aumento di casi di ingannevolezza, italian sounding e contraffazione che si riscontrano nel settore alimentare.

Situazione diffusa…in Europa

Ma tale situazione sembra abbastanza diffusa in tutta Europa. In base ad una indagine resa nota dal quotidiano inglese The Guardian, ben il 38% dei prodotti presi a campione entro la grande distribuzione organizzata inglese presenta problemi: o di palese contraffazione, o di etichettatura ingannevole. Prodotti "falsi", in cima ai quali l’inchiesta giornalistica mette ancora una volta…la mozzarella.  Che sarebbe ottenuta in molti casi con grassi vegetali, più economici ma assolutamente non previsti dalle norme di commercializzazione. La mozzarella sulle pizze poi, sarebbe quella più frequentemente adulterata: quasi mai sarebbe insomma mozzarella vera.

Tra le frodi più frequenti, inoltre, carne di pollo venduta come prosciutto cotto (dopo essere stata adeguatamente aromatizzata e preparata in modo da "sembrare" a tutti gli effetti prosciutto); prodotti "ricostituiti", con meno della metà dell’ingrediente originale presente  e con tanta acqua aggiunta (carne e formaggio i più  "frodati"); carne di manzo adulterata con carne di pollo o maiale, più economiche.

La Food Standard Agency, responsabile per i controlli, ha dichiarato di aver aumentato di 2 milioni di sterline il budget dedicato alla lotta alle frodi. Tema che sta prepotentemente uscendo come uno dei motivi di maggiore preoccupazione a livello europeo. E i tagli dei budged hanno messo a rischio i controlli a campione: calati del 25% negli ultimi de anni, stando a Which? , la principale associazione dei consumatori inglesi.

Alcune riflessioni

Se certamente la maggior parte dei casi si presenta come "frode" da un punto di vista legale, in altri la questione sembra più complessa. Nel caso delle carni ad esempio- ed è uno dei "buchi" della nuova normativa (Reg. 1169/2011 dell’Unione), per determinate categorie di tagli non è fatto obbligo di indicare la quantità di acqua aggiunta. Un inganno bello e buono, ma che col tempo è diventato legale su tanti prodotti (hot dog, mortadella, prosciutto cotto….).

In altri casi, qualora si tratti di alimenti pluri-ingrediente, non è poi necessario indicare la quantità dell’ingrediente se questo non viene "sbandierato" nel nome dell’alimento (cosiddetto "ingrediente caratterizzante"). Anche in questo caso, può essere vantaggioso sostituire ingredienti più costosi con ingredienti più economici (è quello che è successo con l’Horsegate), senza doverlo rivelare quantitativamente in etichetta.

Ma vi è un ulteriore aspetto su cui riflettere. Le frodi stanno arrivando ad un livello di diffusione tale per cui a essere a repentaglio non sembra essere solo la qualità, ma addirittura la sicurezza alimentare. Nei succhi di frutta venduti in Inghilterra sono stati rivenuti additivi non ammessi nella UE. Spesso poi il tenore di sale nelle salsiccie è risultato oltre le raccomandazioni delle autorità sanitarie. E diversi preparati di tipo erboristico contenevano sostanze non ammesse.

Un tema sempre più globale, che richiede un controllo locale ma anche una governance possibilimente la più estesa e coordinata possibile a livello UE e non solo. Il caso dell’olio-extravergine di oliva venduto negli USA insomma, è solo la punta dell’iceberg.