Una ricerca valorizza le ipotesi circa il ruolo della capsaicina, l’alcaloide che conferisce la piccantezza de peperoncino: oltre alla termogenesi, con bruciatura grassi, modulando il metabolismo, attiverebbe il recettore TRPV1, che oltre a essere presente nei neuroni sensoriali, sarebbe presente anche in altri tessuti.
Una serie di reazioni interne porterebbe, in sintesi, a modulare enzimi antiossidanti, diminuendo la salienza di proteine pro-infiammatorie.
La capsaicina avrebbe in definitiva una azione positiva sull’endotelio e sulla vasodilatazione, contrastando il colesterolo e la formazione di placche aterosclerotiche. In diversi studi su roditori, diete ricche in capsaicina mostrerebbero effetti benefici su sindrome metabolica, diabete, obesità e sindrome del fegato grasso, nonché ipertensione. Serviranno ulteriori studi, ma le premesse ci sono.
In altri studi, la stimolazione del metabolismo della capsaicina avrebbe suggerito il raggiungimento di risultati analoghi rispetto alla dieta della “restrizione calorica”, che promette un allungamento della vita ed una dilazione delle malattie non trasmissibili e dovute all’invecchiamento. Un rallentamento del metabolismo insomma, che ritarda l’invecchiamento.