La proposta gira intorno a un concetto per altri versi già presente nel dibattito: se il contesto ambientale (“environment”) in cui il cibo è calato condiziona fortemente le scelte dei consumatori, come sembrano dimostrare diversi filoni di ricerca, perché non cambiarlo radicalmente? Ecco allora non solo una maggiore accessibilità di frutta fresca e verdura, tramite ad esempio farmers’ market, ma anche una rivoluzione da portare nei supermercati.
La Scozia stava pensando a qualcosa del genere ridisegnando proprio la planimetria dei supermercati. Al fine di evitare una sovra-esposizione dei consumatori -e in particolari delle fasce più deboli (bambini)- a scaffali e isole che sembrano fatti apposta per lusingare con il junk food.
Ma perché -oltre a disincentivare il consumo di alimenti critici- non si prova a incentivare quello di alimenti chiave per la salute? Magari rispecchiando la dieta mediterranea e la frequenza di consumo suggerita delle diverse tipologie di alimenti?
Fabrizio Delage Paganini e Valeria Deon hanno mescolato i propri back round, marketing e scienze della nutrizione, per lanciare un’idea allo scorso Barilla Center for Food and Nutrition. L’idea è semplice e (possibilmente) interessante.
Prendete la Piramide Alimentare della Dieta Mediterranea, e riportatela ad ogni occasione che porta al consumo alimentare: a ritroso, dal piatto (che dovrebbe appunto rispecchiare le proporzioni), ai prodotti disposti sullo scaffale del supermercato (con la stessa logica), indietro fino alle coltivazioni agricole, con una allocazione della terra tale da rispecchiare nell’insieme il bilanciamento della dieta mediterranea. Le industrie ugualmente dovrebbero essere spinte e incentivate a bilanciare il portafoglio di prodotti in base alla dieta mediterranea stessa.
Ovviamente alcuni aspetti richiedono una messa a sistema lunga e costosa; altri invece possono essere relativamente più semplici. Già la Scozia come si è visto intende farlo “per decreto”.
E’ bene ricordare che non tutte le piramidi alimentari sono uguali. Ad esempio, quella dell’USDA (Dipartimento dell’Agricoltura USA) differisce da quello tradizionale della Dieta mediterranea, entro la quale vi è un consumo suggerito di alimenti anche su base settimanale e non solo giornaliera. Rispecchiando il fatto che ad esempio alcuni alimenti devono essere consumati più raramente e non certo tutti i giorni. In ogni caso, tutte in linea di massima concordano sul ruolo principale che devono avere frutta e verdura, ma anche cereali (meglio se integrali). Più limitato il consumo di carne, uova, e grassi in genere: tra i quali sono da preferire quelli vegetali.
Coldiretti aveva già proposto un’azione simile, ovvero di riservare a prodotti locali e regionali uno spazio all’interno dei supermercati. Ultimamente c’è anche la possibilità di aprire uno spazio di vendita (Bottega di Campagna Amica) all’interno di appositi corner nella Grande distribuzione, dando ai consumatori la possibilità di acquistare cibo di qualità e locale, e quindi proponendo un’alternativa concreta rispetto al cibo massificato dell’agroindustria. Per tale opzione, non è peraltro necessario essere imprenditori agricoli in senso stretto.
La nuova piramide alimentare della dieta mediterranea- 2009-
Coldiretti ha promosso la possibilità di aprire uno spazio di vendita (Bottega di Campagna Amica) all’interno di appositi corner nella Grande distribuzione, dando ai consumatori la possibilità di acquistare cibo di qualità e locale, e quindi proponendo un’alternativa concreta rispetto al cibo massificato dell’agroindustria. Tale opzione è aperta anche a imprenditori non agricoltori, nel rispetto di determinati requisiti (http://www.campagnaamica.it/).
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