29 Novembre 2011
UE: LE PROPOSTE DELLA FILIERA AGROALIMENTARE ITALIANA SULLA RIFORMA DELLA POLITICA AGRICOLA COMUNE
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Premessa
Il peso strategico della filiera agroalimentare si sta accentuando sulla scorta dei profili evolutivi in atto nel mondo. Le imprese agricole e dell’industria alimentare garantiscono ai consumatori europei alti livelli di approvvigionamento, coniugati a standard elevati di sicurezza alimentare (food security, food safety, food quality). Si prevede che la domanda globale di prodotti agricoli aumenterà di circa il 70% nei prossimi quaranta anni. Si tratta di un incremento esposto ai rischi dei cambiamenti climatici in corso, legato alla maggiore domanda generata sia dall’imponente crescita demografica attesa nei prossimi decenni sia dalla necessità di recuperare le fasce di sotto nutrizione attuali.
Le tensioni che, dopo la crisi del 2007-2008, si stanno nuovamente abbattendo sulle quotazioni internazionali delle commodity alimentari sono sintomatiche di equilibri domanda-offerta troppo spesso precari, con scarsi margini di scorta e di compensazione. Tali situazioni innescano fenomeni speculativi, con dolorose ricadute e pericolosi disagi socio-economici nei Paesi più poveri del Pianeta. Sono tensioni che, in un’economia globalizzata, investono tutti i mercati, compreso quello europeo. Esse impongono alla futura PAC di assicurare come parametri prioritari di riferimento i più alti livelli di produttività e di competitività all’agricoltura e all’intera filiera agroalimentare comunitaria, anche valorizzando le distintività territoriali, riscattando per quanto possibile il sistema da situazioni di eccessiva dipendenza dai trader internazionali.
Gli interventi della PAC devono tenere in considerazione il differenziale di competitività a carico degli agricoltori europei e tra gli agricoltori europei dei diversi Paesi (struttura dei costi) dovuto a norme comunitarie più rigorose rispetto agli standard internazionali, il valore delle produzioni, la quantità e la qualità del lavoro dipendente e autonomo, gli svantaggi naturali, gli impegni in campo ambientale e forestale, al fine di evitare fenomeni di dumping sociale, ambientale e sanitario.
Nella prospettiva della strategia 2020, la futura politica comunitaria dovrà sostenere la centralità economica dell’agricoltura e il ruolo strategico delle imprese agricole nella produzione di cibo, rispondendo alla domanda di informazione e di trasparenza dei consumatori.
Gli obiettivi della PAC debbono essere adeguati alle nuove esigenze delle imprese, dei consumatori e dei cittadini europei, valorizzando il ruolo degli agricoltori e di tutti gli operatori della filiera agroalimentare come produttori di alimenti, beni pubblici e di ricchezza per l’Unione Europea.
La PAC deve porre al centro le imprese agricole e agroalimentari, deve premiare l’economia reale, promuovere la ricerca, l’innovazione, il ricambio generazionale e deve incentivare la produzione alimentare, anche facendo leva sul valore aggiunto dei territori.
E’ fondamentale, in particolare: favorire lo sviluppo di un’agricoltura competitiva e sostenibile sotto il profilo economico, sociale e ambientale; innovare e migliorare le condizioni per la commercializzazione, la programmazione e la gestione dell’offerta; rispondere alla domanda di informazione e di trasparenza dei mercati e dei prodotti, da parte dei consumatori; creare le condizioni giuridiche per la gestione da parte degli agricoltori di filiere corte e trasparenti; promuovere e qualificare l’occupazione agricola autonoma e dipendente, e il rispetto delle norme sociali nel lavoro in tutti Paese UE.
2. Budget
La PAC interessa il 47% della superficie europea e oltre 18 milioni di occupati: il suo futuro dovrà essere pensato per rispondere alle nuove esigenze delle diverse agricolture che caratterizzano il territorio dell’Unione. Un ruolo rilevante a cui non possono che essere assegnate risorse adeguate. Oggi il bilancio Ue rappresenta il 2% della spesa pubblica complessiva dei Paesi membri; per ogni 100 euro di Pil europeo circa un euro è destinato al bilancio comunitario e meno di 40 centesimi sono destinati alla spesa agricola. Inoltre, raffrontando la spesa agricola al consolidato di tutte le spese nazionali, il suo peso non arriva all’1%. Il budget destinato all’agricoltura va quindi confermato nel suo complesso e va sostanzialmente mantenuta la sua attuale distribuzione tra Stati membri.
La decisione è demandata ai Ministri dell’Economia e delle Finanze: le organizzazioni della filiera chiedono, alla nostra delegazione, e al Governo nella sua massima espressione, una posizione forte ed autorevole a difesa dell’agricoltura europea e degli interessi nazionali.
L’Italia è un contribuente netto su tutte le politiche comunitarie, oltre che sulla Pac; questa sua particolare posizione deve essere fatta pesare nelle trattative.
3. Ripartizione delle risorse per Paese
Il nostro sistema agroalimentare poggia le sue capacità competitive, prevalentemente, sulle specificità produttive e sulle produzioni di qualità. Un patrimonio che consente all’Italia di vincere le sfide sui mercati mondiali. Nella redistribuzione dei Fondi del I pilastro è necessario utilizzare criteri oggettivi che combinino Sau effettiva con occupazione agricola, PLV, ambiente rurale (tasso di ruralità). Un Paese come l’Italia, forte e crescente contributore netto, non può accettare una redistribuzione dei fondi del I pilastro che peggiori ulteriormente la sua posizione finanziaria. E’ necessario contrastare l’attuale proposta, che per il meccanismo della convergenza, ha evidenziato una riduzione del 6,9 % del budget di risorse destinate all’Italia. Tanto più che il PIL procapite dell’Italia, dai 7 punti sopra la media comunitaria, che vantava 10-12 anni fa, è scivolato a 6 punti sotto la media.
4. Pagamenti diretti
Il superamento del criterio storico di calcolo dei pagamenti diretti e la loro scomposizione nelle 4 componenti proposte dalla Commissione, (a) pagamento diretto di base, b) greening, c) aree svantaggiate, d) accoppiato volontario) necessita della massima gradualità e flessibilità, data la situazione fortemente differenziata da cui parte l’agricoltura italiana.
L’introduzione del capping e/o della regressione, devono essere graduati in base all’impiego del fattore lavoro. Si è favorevoli alla flessibilità offerta dai pagamenti aggiuntivi gestiti su base nazionale al fine di costituire una politica agricola nazionale capace, oltre che di premiare comportamenti virtuosi, di intervenire in determinati settori strategici, anche per quanto riguarda l’intensità di manodopera occupata. Tale intervento deve essere di importo adeguato.
La componente green dei pagamenti diretti costituisce invece una forte criticità per il sistema agricolo nazionale. Rappresenta una contraddizione rispetto alle finalità della riforma, relative alla produzione ed alla competitività. In ogni caso devono essere radicalmente riviste sia la dimensione finanziaria, sia le modalità applicative. E’ indispensabile ampliare il menù di misure che la rendono accessibile, inserendo colture virtuose in termini di cattura di CO2, ampiamente diffuse nell’agricoltura dell’Europa mediterranea (Olivo, vite, alberi da frutta, colture promiscue, pratiche anti-erosione, riso, alberature corsi d’acqua, utilizzo razionale delle risorse idriche…), anche per realizzare una strutturale e programmata manutenzione del territorio collinare e montano. Le somme non spese sul greening, devono rimanere agli Stati membri, per finanziare misure altrettanto (o più) selettive sul versante ambientale.
4. bis Agricoltore in attività
C’è piena consapevolezza che l’attuale sistema basato sul criterio storico vada superato, [anche per contrastare posizioni di rendita fondiaria] ed è inoltre necessario indirizzare i benefici della PAC prioritariamente verso le imprese agricole che sono orientate al mercato e operano sul territorio, anche attraverso forme di aggregazione e di integrazione, che in modo professionale creano reddito e producono alimenti ed effetti positivi per la società.
Tenuto conto della riduzione delle risorse della PAC destinate al regime di pagamenti unico, riteniamo che i beneficiari del pagamento unico debbano essere, prioritariamente, sebbene non esclusivamente gli agricoltori attivi.
Alla luce della forte differenziazione delle normative in Europa, è necessario che la definizione di “agricoltore attivo” sia demandata allo Stato membro.
Per quello che riguarda in nostro Paese “l’agricoltore attivo” è l’imprenditore agricolo professionale, singolo od associato, nelle forme individuate dalla normativa nazionale vigente sulla base della incidenza del tempo dedicato al lavoro agricolo sul tempo di lavoro complessivo e della incidenza del reddito agricolo sul reddito totale da lavoro.
Il requisito selettivo di “agricoltore attivo” si applica a tutti gli agricoltori beneficiari di pagamenti diretti a prescindere dall’importo erogato e con la sola eccezione degli agricoltori che accedono al “regime per i piccoli agricoltori”.
5. Strumenti di gestione dei mercati
Il “primo pilastro” della PAC non significa solo pagamenti diretti. Esistono anche tutta una serie di interventi di mercato, di fatto neutralizzati dalle passate riforme, che dovranno essere rivisitati per rispondere ad una serie di nuove esigenze dell’agricoltura, prima fra tutte la stabilità dei redditi. Oggi tali strumenti di mercato assorbono meno del 9% della spesa del primo pilastro.
Per disporre di strumenti efficaci di gestione delle politiche di mercato è necessario rafforzare la possibilità di gestire a livello nazionale strumenti di interventi selettivi come quelli assicurativi che vanno riportati coerentemente nel primo pilastro. La filiera agroalimentare italiana ritiene che debba essere introdotta nella Pac post 2013, una effettiva “rete di sicurezza” che permetta di affrontare in maniera tempestiva ed efficace le situazioni di crisi e le oscillazioni dei redditi di tutti i soggetti della filiera, anche in risposta alla forte volatilità dei prezzi dei prodotti agricoli.
La filiera agroalimentare italiana ritiene che l’equilibrio e la trasparenza dei rapporti al suo interno abbiano una valenza fondamentale, non inferiore agli stessi aiuti diretti. Nella catena del valore il peso contrattuale della Distribuzione Moderna ha fortemente compresso i margini a monte della filiera. Per questo è necessario un’azione tesa a salvaguardare gli equilibri e la trasparenza anche contrattuale della filiera. Occorre perciò che le autorità comunitarie, come auspicato dallo stesso Parlamento Europeo, si attivino per assicurare regole trasparenti e buone pratiche contrattuali all’interno della filiera.
In assenza di un risultato soddisfacente su questo fronte, occorrerà richiedere strumenti alternativi per compensare in misura adeguata i danni provocati dalle crisi. Sul fronte dei mercati e della volatilità dei prezzi bisogna irrobustire e rendere più efficace il sistema di reti di sicurezza, con un sistema di prezzi di riferimento più realistico.
Il complesso degli interventi deve assicurare nuove e più efficaci misure di regolazione del mercato, che siano in grado di assicurare la trasparenza, il corretto funzionamento della catena alimentare e un reale accorciamento della filiera evitando intermediazioni, anche attraverso accordi locali di fornitura e vendita diretta e, allo stesso tempo, mettendo a disposizione adeguati strumenti finanziari e normativi.
Occorre rafforzare le azioni per l’aggregazione del prodotto e l’organizzazione delle filiere. Sono prioritarie misure per il rafforzamento del potere contrattuale degli agricoltori all’interno delle filiere produttive, prevedendo condizioni di sviluppo per tutte le filiere, creando le condizioni giuridiche per le filiere corte, gestite direttamente dagli agricoltori.
In questo quadro è necessario prevedere il finanziamento di misure quali: assicurazione agevolata a favore dei produttori (sia assicurazione contro le calamità naturali che assicurazione al reddito) e costituzione di fondi mutualistici; garanzia e tutela del reddito nei momenti di crisi di mercato;misure per il miglioramento della commercializzazione sui mercati interni e della penetrazione sui mercati terzi al fine di creare nuovi sbocchi per le produzioni europee e sostenere il reddito dei produttori; programmazione e la gestione dell’offerta e per il suo miglioramento qualitativo; miglioramento dei rapporti interprofessionali e della contrattualistica, utilizzando tutte le forme di aggregazione, comprese le reti d’impresa; promozione al consumo di prodotti momentaneamente eccedentari; destinazioni alternative a quelle tradizionali (ad esempio energie da biomasse) o distribuzione finalizzata presso scuole ed istituti di accoglienza;
– attività di stoccaggio privato.
In merito alle Organizzazioni di produttori e loro associazioni (nelle diverse forme giuridiche, cooperative, società, ecc…) e l’estensione della loro operatività a tutti i settori, per rafforzarne il ruolo e le prerogative, è auspicabile prevedere uno strumento finalizzato come volano finanziario per l’attività e non solo per l’avvio, come previsto dalla proposta. Le organizzazioni di produttori potranno essere veri strumenti di mercato efficaci nel recuperare potere contrattuale nella filiera, solo se saranno concreti strumenti economici.
6. Sviluppo rurale
La PAC dovrà puntare a sostenere e rafforzare la competitività dell’agricoltura europea sulla base di un nuovo modello produttivo che combini sostenibilità economica, ambientale e sociale.
La politica di sviluppo rurale dovrà rappresentare lo strumento principale per il raggiungimento di tali obiettivi. Ciò pone l’esigenza di una caratterizzazione più “agricola” del complesso degli indirizzi e degli orientamenti programmatori. Specificità che va garantita anche all’interno nel nuovo impianto programmatorio.
L’attuale assetto appare chiaramente non congeniale alle esigenze specifiche del settore agricolo che i grandi mutamenti in atto hanno determinato e va quindi razionalizzato e semplificato. La politica di sviluppo rurale dovrebbe pertanto: sostenere gli investimenti aziendali, con particolare priorità a quelli indirizzati alla introduzione di innovazione tecnologica e organizzativa nelle imprese ed al consolidamento, promozione e qualificazione delle produzioni, tesi anche all’accorciamento, l’efficienza e alla trasparenza delle filiere; promuovere il ricambio generazionale; sostenere la realizzazione di azioni di integrazioni di filiera e di progetti integrati territoriali; supportare progetti di infrastrutturazione di sistema capaci di migliorare le relazioni fra imprese agricole e servizi a monte e a valle del processo produttivo; consolidare, promuovere e qualificare l’occupazione agricola, sia dipendente, sia autonoma.
I giovani devono rappresentare una priorità delle future politiche, con la conseguente previsione di un maggiore sostegno negli investimenti necessari per l’avviamento, la riconversione e lo sviluppo dell’impresa agricola e agroalimentare. Le politiche di sviluppo rurale devono essere quindi potenziate e prioritariamente finalizzate all’innovazione ed alla competitività delle imprese agricole ed agroalimentari. Occorre infine rafforzare la sussidiarietà, sia aumentando la flessibilità delle regole di programmazione e di gestione dei PSR, sia favorendo una decisa semplificazione delle procedure gestionali e di accesso alle misure. Tutto ciò presuppone un’adeguata capacità di gestione delle politiche di sviluppo rurale, con la necessità – da riconoscere e sostenere nella regolamentazione europea – un forte coordinamento a livello nazionale, specie in realtà (come quella italiana) caratterizzate da un forte decentramento amministrativo.