L’innovazione ed il legame con la tradizione hanno da sempre rappresentato i due pilastri fondamentali su cui l’agricoltura biologica ha poggiato i propri valori e strutturato le proprie regole.
L’approccio agroecologico su cui si basa l’agricoltura biologica nasce infatti da una continua rivisitazione delle tecniche colturali della nostra tradizione con l’obiettivo di mantenere quanto più inalterato possibile l’equilibrio naturale degli ecosistemi, per ottenere una produzione agricola di qualità, utilizzando tutte le conoscenze che la scienza ci ha fornito nel corso degli anni.
Rispetto alle innovazioni che riguardano la genetica però l’approccio del movimento del biologico è stato sempre più cauto, scegliendo di orientarsi in maniera convinta verso il recupero di antiche varietà tradizionali, piuttosto che scegliere la strada della innovazione genomica.
La Strategia dal produttore al consumatore pone le basi per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente. Entro il 2030 la Commissione adotterà misure per ridurre del 50% l’uso dei prodotti chimici e dei fitosanitari più pericolosi; del 50% la perdita dei nutrienti, in particolare di azoto e fosforo; e di almeno il 20% l’impiego dei fertilizzanti e, ancora, del 50% l’impiego di antimicrobici per gli animali da allevamento e per l’acquacoltura e, soprattutto, per promuovere l’aumento delle superfici agricole destinate al biologico almeno al 25%.
In questo contesto le tecniche di evoluzione assistita svolgeranno certamente un ruolo strategico nel migliorare la sostenibilità e la sicurezza dei sistemi alimentari.
L’impiego delle tecniche genetiche pone una serie di sfide: devono essere sicure e fare bene all’ambiente e alla biodiversità; devono essere socialmente utili, assicurando la disponibilità di alimenti in quantità e qualità sufficienti; devono essere accessibili agli agricoltori, che devono poter disporre di materiale genetico resistente ad insetti e a condizioni climatiche avverse; devono godere dell’accettazione da parte dei cittadini consumatori e devono essere tenute chiaramente distinte dagli Ogm.
Emerge, pertanto, anche a livello europeo, la necessità di definire il quadro giuridico di tali nuove tecniche per consentire agli imprenditori di orientare la produzione verso un’agricoltura sostenibile e competitiva avvalendosi delle opportunità offerte dalle nuove tecnologie, al fine di migliorare le modalità di produzione nel rispetto delle distintività territoriali, rafforzando la presenza del settore pubblico nelle attività di ricerca assicurando l’accesso, la disponibilità e il trasferimento dei risultati, oltre che la trasparenza delle informazioni per favorire la partecipazione e il dialogo nei rapporti con i cittadini-consumatori.
Non si può, tuttavia, ignorare come l’applicazione di tali tecniche di miglioramento genetico debba opportunamente risultare estranea agli sforzi degli agricoltori impegnati nella conduzione con metodo biologico. Come ampiamente risulta dalla Comunicazione della Commissione relativa ad un Piano d’azione per lo sviluppo per la produzione biologica (Com 141/21), la crescita auspicata della superficie è realizzata attraverso la scelta di un metodo complementare, basandosi su una propria strategia che faccia leva su azioni correlate, incentivi, scadenze chiave e obiettivi nazionali.
In particolare, a fronte dei maggiori costi che affrontano gli agricoltori che la praticano, impiegando tecniche estensive, non sono autorizzati fertilizzanti di origine chimica di sintesi mentre resta consentita solo una gamma limitata di presidi fitosanitari e, in base alla disciplina vigente, risulta vietato l’impiego di organismi geneticamente modificati.
È vero che con riguardo alle tecnologie di evoluzione assistita siamo di fronte ad un passo avanti decisivo al fine di ottenere varietà come quelle che si potrebbero produrre in natura attraverso incroci e che, dunque, non sono Ogm, ma va tenuto conto anche delle preferenze dei consumatori per prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti tradizionali. Mentre, è indubbio che un ampio, sia pur non condiviso, dibattito a livello europeo solleva la presenza di pretesi rischi derivanti dall’impiego delle stesse tecniche.
Costituisce, dunque, una esigenza, almeno in una fase di avvio dello sviluppo della cultura della genetica e delle sue prime applicazioni, evidenziare le differenze nel sistema di gestione della produzione biologica, al fine di non incidere sulla fiducia dei consumatori nel sostegno al metodo e, insieme rafforzare il potere contrattuale degli agricoltori biologici che in termini di libertà di scelta possono decidere di aumentare la propria quota di mercato