Con il balzo delle importazioni di pesce straniero in Italia che fanno registrare un +8% in quantità nei primi tre mersi del 2021 è SOS per la flotta tricolore che negli ultimi 35 anni ha perso quasi 4 imbarcazioni su 10 con un impatto devastante su economia e occupazione. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti Impresapesca in occasione di Slow Fish a Genova dedicato ad un settore cardine del Made in Italy che rischia di non riprendersi più dai colpi subiti dall’emergenza Covid.
E’ quindi necessario intervenire subito su più fronti, dalla produzione al consumo. “E’ fondamentale prevedere l’obbligo di indicazione in etichetta del giorno in cui il pesce è stato pescato in modo da garantire la massima informazione e trasparenza sulla freschezza del prodotto” afferma il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “l’indicazione di origine va inserita oltre che sui banchi del mercato o dei supermercati anche per i piatti proposti nei menù dei ristoranti, un po’ come avviene per la segnalazione se si tratta di prodotto fresco oppure surgelato”.
La pandemia ha aggravato una situazione già critica che ha ridotto il numero dei pescherecci italiani ad appena 12mila unità – denuncia Coldiretti – mettendo una seria ipoteca sul futuro del comparto che è stato uno dei più colpiti dalle chiusure della ristorazione attraverso la quale viene venduta più della metà del pescato. Il risultato è stato un crack della pesca Made in Italy da 500 milioni di euro tra produzione invenduta, crollo dei prezzi e chiusura dei ristoranti, senza dimenticare l’aggravio di costi per garantire il rispetto delle misure di distanziamento e sicurezza a bordo delle imbarcazioni, con i pescatori che hanno continuato a uscire in mare per assicurare le forniture di pesce fresco ai consumatori.
Alla difficoltà economiche – continua Coldiretti – la pesca italiana paga anche la drastica riduzione dell’attività imposta dalle normative europee e nazionali. Le giornate di effettiva operatività a mare sono scese per alcuni segmenti di flotta a poco meno di 140 di media all’anno, rendendo non più sostenibile l’attività di pesca per una buona fetta della flotta nazionale considerata anche l’assenza di ammortizzatori e di valide politiche di mercato capaci di compensare le interruzioni.
“Senza pescherecci non ci può essere vero pesce Made in Italy a tavola per questo – continua Prandini – è strategico utilizzare parte delle risorse del Recovery Plan per rinnovare la flotta italiana e salvare i 28mila posti di lavoro che garantisce al Paese”.
Gli italiani – conclude la Coldiretti – mangiano circa 28 kg di pesce all’anno, superiore alla media europea ma un quantitativo decisamente basso se confrontato con quello di altri Paesi che hanno un’estensione della costa simile, come ad esempio il Portogallo, dove se ne consumano quasi 60 kg, praticamente il doppio. Ma la crisi del settore pesa anche sulla salute dei cittadini poiché con la riduzione delle attività di pesca viene meno anche la possibilità di portare in tavola pesce Made in Italy, favorendo gli arrivi dall’estero di prodotti ittici che non hanno le stesse garanzie di sicurezza di quelli tricolore.
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