Con le esportazioni agroalimentari italiane che per la prima volta nella storia recente superano le importazioni ci sono le condizioni per far crescere il Made in Italy e ridurre la dipendenza dall’estero, da dove arriva ancora un prodotto agroalimentare su quattro consumato sulle tavole degli italiani. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti su dati Istat in occasione del Summit della Coldiretti con il Governo “Recovery ‘Food’, l’Italia riparte dal cibo” organizzato con Filiera Italia a Palazzo Rospigliosi a Roma.
Le esportazioni agroalimentari nel 2020 – sottolinea la Coldiretti – hanno raggiunto il valore record di 46,1 miliardi con un aumento dell’1,7% rispetto all’anno precedente che ha consentito lo storico sorpasso sulle importazioni che sono invece scese a 43 miliardi. Una svolta che offre grandi opportunità al Made in Italy dopo che a causa di decenni di sottovalutazione – continua la Coldiretti – l’Italia ha accumulato un deficit produttivo di autoapprovvigionamento pari al 25% dei consumi a tavola, dalla carne al latte fino ai cereali e fatta eccezione solo per vino, frutta e carni avicole.
Con la pandemia da Covid – precisa la Coldiretti – si è aperto uno scenario di riduzione degli scambi commerciali, accaparramenti, speculazioni e incertezza che spinge la corsa dei singoli Stati ai beni essenziali per garantire l’alimentazione delle popolazione. Una situazione che ha fatto salire i prezzi dei prodotti alimentari a livello mondiale ai massimi da quasi sette anni trainati dalle quotazioni di zucchero, oli vegetali e cereali secondo l’indice Fao. I timori sugli approvvigionamenti di cibo hanno convinto la stessa Unione Europea a lanciare una consultazione pubblica fra operatori, autorità e cittadini per realizzare un piano finalizzato a conquistare l’autosufficienza in diversi settori chiave.
A difesa della sovranità alimentare dell’Unione l’Italia – sottolinea la Coldiretti – può schierare una forza composta da quasi 740 mila imprese agricole che insieme a 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio generano 538 miliardi di valore lungo la filiera e garantiscono 3,6 milioni di posti di lavoro.
“L’Italia conta su un tesoro da primato mondiale ma per difendere la sovranità alimentare e ridurre la dipendenza dall’estero deve considerare il settore agroalimentare come vera e propria risorsa strategica al pari di telecomunicazioni ed energia” afferma il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare l’importanza di “tagliare la burocrazia che frena le imprese e investire su progetti di ampio respiro in grado di mettere le ali al Paese fuori dall’emergenza Covid”.
La burocrazia – afferma la Coldiretti – ruba fino a 100 giorni all’anno al lavoro in azienda ma frena anche l’ingresso di giovani nell’attività di impresa di cui l’Italia ha enorme bisogno per tornare a crescere. Siamo di fronte – sottolinea la Coldiretti – ad un vero spread per la competitività delle imprese che va recuperato con lo snellimento delle procedure, la semplificazione, il dialogo tra le amministrazioni.
Per sostenere la ripartenza dell’Italia dopo l’emergenza Covid con il Recovery Plan sono strategici i progetti sull’agroalimentare Made in Italy presentati da Coldiretti in grado di creare un milione di posti di lavoro green entro i prossimi 10 anni.
“Digitalizzazione delle campagne, innovazione tecnologica, foreste urbane per mitigare l’inquinamento e smog in città, invasi nelle aree interne per risparmiare l’acqua, chimica verde e bioenergie per contrastare i cambiamenti climatici ed interventi specifici nei settori deficitari ed in difficoltà dai cereali all’allevamento fino all’olio di oliva sono alcuni dei progetti strategici cantierabili elaborati dalla Coldiretti per la crescita sostenibile del Paese” ricorda il presidente di Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “il Recovery plan può e deve rappresentare un’opportunità per tutti i comparti chiave del Made in Italy agroalimentare per la crescita duratura sostenibile del Paese”.
L’agricoltura 4.0, che ha generato in Italia un fatturato intorno ai 540 milioni di euro nel 2020, con una crescita di circa il 20% rispetto all’anno precedente, rappresenta – sottolinea la Coldiretti – il futuro dei campi con lo sviluppo di applicazioni sempre più adatte alle produzioni nazionali su diversi fronti: dall’ottimizzazione produttiva e qualitativa alla riduzione dei costi aziendali, dalla minimizzazione degli impatti ambientali con sementi, fertilizzanti, agrofarmaci fino al taglio dell’uso di acqua e del consumo di carburanti. Una evoluzione del lavoro nei campi che sul Portale del Socio della Coldiretti ha portato alla creazione di Demetra il primo sistema integrato per la gestione on line dell’azienda agricola con lettura in tempo reale dello stato di salute delle coltivazioni, dati su previsioni meteo e temperature, fertilità dei terreni e stress idrico.
Ma per cogliere le innovazioni tecnologiche offerte dall’agricoltura 4.0 occorre però colmare i ritardi nell’espansione della banda larga nelle zone interne e montane visto che solo il 76% delle famiglie italiane dispone di un accesso internet e appena il 75 % ha una connessione a banda larga ma la situazione peggiora notevolmente nelle aree rurali con appena il 68% dei cittadini che dispone di connessione a banda larga nei comuni con meno di duemila abitanti, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat. Proprio per superare il digital divide tra città e campagne portando la banda ultralarga nelle aziende e sostenere la ripresa economica del Paese, Coldiretti, TIM e Bonifiche Ferraresi hanno firmato un accordo per accompagnare la transizione economica e digitale dell’agroalimentare Made in Italy.
I fondi europei – sottolinea la Coldiretti – vanno utilizzati per finanziare progetti strategici superando i limiti alla capacità di investimento nel comparto agricolo ed alimentare per portare benefici all’intero Sistema Paese con un impegno strategico di lungo periodo. Per far crescere il Made in Italy – afferma la Coldiretti – sono fondamentali i contratti di filiera in grado di garantire una equa distribuzione di valore fra tutti i componenti. Il radicamento territoriale delle filiere è la vera impronta del Made in Italy agroalimentare che – conclude la Coldiretti – si trasforma in valori economici sul mercato, ma anche in valori sociali e ambientali per le comunità locali e l’intera collettività.