Con il 93% degli italiani che consuma carne è inaccettabile la proposta di una tassa per scoraggiare gli acquisti in un momento di difficoltà economica. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare la ricerca dell’Università di Oxford, pubblicata sulla rivista Plos One che ipotizza di tassare la carne rossa per compensare il costo sociale delle malattie che sarebbero provocate dal suo consumo. Un corretto regime alimentare – sostiene la Coldiretti – si fonda infatti sull’equilibrio nutrizionale tra i diversi cibi consumati e non va ricercato sullo specifico prodotto. Non esistono cibi sani o insalubri, ma – precisa la Coldiretti – solo diete più o meno sane.
Il consumo medio annuo in Italia di carne (pollo, suino, bovino, ovino) è sceso peraltro ai livelli di 79 chilogrammi pro-capite, tra i più bassi in Europa – continua la Coldiretti – dove i danesi sono a 109,8 chilogrammi, i portoghesi a 101 chilogrammi, gli spagnoli a 99,5 chilogrammi, i francesi e i tedeschi a 85,8 e 86 chilogrammi. E la situazione – precisa la Coldiretti – non cambia se il confronto viene fatto a livello internazionale visto che, secondo il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, nel 2018 il consumatore medio americano – sottolinea la Coldiretti – mangerà 222,2 chili tra carne rossa e pollame.
Nel Belpaese si assiste peraltro ad una decisa svolta verso la qualità con il 45% degli Italiani che privilegia quella proveniente da allevamenti italiani, il 29% sceglie carni locali e il 20% quella con marchio Dop, Igp o con altre certificazioni di origine secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’. Vola, infatti, il consumo di bistecca “Doc” con un balzo del 20% nel numero di animali di razze storiche italiane allevati negli ultimi 20 anni sulla base delle iscrizioni al libro genealogico. La domanda di qualità e di garanzia dell’origine ha portato – sottolinea la Coldiretti – ad un vero boom nell’allevamento delle razze storiche italiane da carne che, dopo aver rischiato l’estinzione, sono tornate a ripopolare le campagne dagli Appennini alle Alpi.
Un patrimonio consolidato anche grazie – precisa la Coldiretti – a iniziative di valorizzazione messe in campo dagli allevatori, con l’adozione di forme di alimentazione controllata, disciplinari di allevamento restrittivi, sistemi di rintracciabilità elettronica e forme di vendita diretta della carne da parte degli allevatori attraverso le fattorie e i mercati di Campagna Amica. Le carni nazionali sono – sottolinea la Coldiretti – più sane, perché magre, non trattate con ormoni (a differenza di quelle americane) e ottenute spesso nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione che assicurano il benessere e la qualità dell’alimentazione degli animali.
Il risultato è – prosegue la Coldiretti – una vera rivoluzione nell’offerta di carne in Italia che si estende dalle macellerie ai supermercati, dallo street food alle hamburgherie, fino all’arrivo della carta delle carni nei menu proposti dai ristoranti più prestigiosi. La conoscenza delle caratteristiche specifiche dei diversi tipi di carne è diventato – conclude la Coldiretti – un valore aggiunto che arricchisce l’offerta enogastronomica nella ristorazione.
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